Ogni volta
che passeggio per le strade di Avellino, anche oggi, a distanza di trent'anni
dal sisma che ha segnato gravemente l'Irpinia, mi capita di imbattermi in nuovi
percorsi riaperti o in edifici appena ricostruiti, domandandomi se saranno mai
veramente rimarginate le ferite lasciate da quel disastroso evento.
Avevo sette
anni nel 1980 e ne stavo per compiere trentasei quando, il 6 aprile
del 2009, è stata riservata la stessa sorte ad un'altra città che amo profondamente:
L'Aquila, dove il mio percorso mi ha condotto ad intessere rapporti lavorativi
con un'azienda del luogo, alla quale devo la mia crescita umana e
professionale, nonché la scoperta di un tesoro di affetti e importanti amicizie.
Spesso,
dunque, torno lì e nei momenti liberi non perdo occasione per andare in centro,
sperando che la ricostruzione abbia fatto qualche progresso. Ma a differenza di
ciò che si crede, purtroppo, la meraviglia di un sito che rinasce è ancora
un'utopia, nella flagellata terra abruzzese.
Le vie
aquilane sono tuttora inaccessibili e presidiate dall'esercito, che sorveglia su
possibili trasgressioni ai divieti di ingresso. La stragrande parte dei palazzi
è ancora fasciata da impalcature e strutture di contenimento. Enormi piloni
d'acciaio tentano di tenere in piedi arcate e pilastri, le insegne dei vecchi
esercizi commerciali, riaperti altrove, qualora sia stato possibile, indicano
un passato di ridenti attività di cui non resta che un malinconico ricordo.
Nel quinto
anniversario della tragedia che è costata tantissime perdite umane e sociali,
mentre i cittadini commemorano quella terribile notte, attraverso
uno dei canali di comunicazione della regione che ha vissuto la stessa
drammatica esperienza, voglio augurare a tutti loro di poter presto provare la
mia stessa sorpresa di fronte a quella parte di Avellino che è stata
riabilitata, incitandoli sempre e con forza ancor maggiore a resistere e
continuare nel difficile cammino verso la ripresa, pur nella consapevolezza che
nulla sarà come prima.
È chiaro a
tutti che l’impegno civico di ognuno, nelle forme democraticamente
esercitabili, sarà fondamentale per ristabilire le primarie condizioni di
vivibilità future. Finché sarà necessario, quindi, nessuno, né in Abruzzo, né in altri luoghi, dovrai mai sottrarsi all’opera
di testimonianza e recupero dell’identità di ogni singola zona colpita.
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